Una giornata perfetta sull’Alaska Highway

Non esistono condizioni meteo avverse. Esistono solo uomini arrendevoli. – Aldo “Rock” Calandro

 

Martedì 8 settembre 2015

Mi piacerebbe aver già narrato di come ho superato la Dalton Highway, della mia partenza da Deadhorse, Prudhoe Bay, del mio faccia a faccia con un grizzly, dell’ipotermia alle mani, delle giornate di pioggia incessante, della neve, del dolore di montare e smontare la tenda al freddo con i guanti inzuppati e gelidi, i pasti saltati per la stanchezza o il freddo o la paura degli orsi, del non potersi muovere nel sacco a pelo per non far entrare aria gelida.

La verità è che per un mese non ho fatto altro che mettermi in bici la mattina e restarci fino alla sera, spingendo cercando di fare un po’ di velocità, di alzare la media, di arrancare su per salite dritte senza neanche un tornante trascinando 135Kg (me, bici e bagaglio) sperando nel respiro di un po’ di discesa; consumare pasti a cavallo della bici – pasti freddi naturalmente; cercare un posto imboscato dove accamparsi; nascondere il cibo, le creme, medicinali, dentifricio e roba simile; finire la giornata addormentandomi in un sacco a pelo che col passare dei giorni diventa sempre più umido e sempre più freddo. Un mese passato a cercare di seminare un inverno alle porte; un inverno che mi ha raggiunto per una settimana con tre giorni di neve e temperature che hanno toccato i -6°C.

Vorrei aver già scritto di tutto questo, dicevo, delle lacrime versate per la solitudine, per la paura di essere solo in mezzo a niente, into the wild o meglio wilderness come la chiamano qui, alla merce’ di animali a cui non sono abituato: orsi, alci, lupi, bisonti – semplicemente non ne ho avuto il tempo. Appena sarò in terre più asciutte e calde prenderò in mano il mio diario e scriverò della Dalton Highway e dell’Alaska Highway, ovvero della prima parte del mio percorso che mi porta ad attraversare le terre selvagge e aspre dell’Alaska, dello Yukon, e British Columbia, Canada. Terre dove una piccola leggerezza si può pagare cara, dove la tundra pian piano diventa un tarlo insopportabile nella mente, dove le paludi lambiscono un pezzo terra creato dall’uomo su lembo di permafrost che chiamano highway. Terre che magari ti capita di attraversare a luglio col caldo e il secco e magari pensi anche che questo sia il paradiso (terreste – perché ci sono pur sempre le zanzare vampiro a ricordarti di essere in luogo terreno). Per me si è trattato di un mese d’inferno. Un mese dove mi sono sentito in trappola, dentro una morsa: da una parte il clima inospitale e selvaggio dall’altra l’impegno preso con me stesso innanzitutto e poi con un sacco di altre persone per portare a termine questo viaggio dall’Alaska alla Patagonia. Non potevo e non posso mollare, andare avanti è l’unica possibilità.

Tranne i primi giorni di eccitazione quando ho iniziato il mio viaggio e arrivare finalmente a pedalare lungo la Dalton Highway, ho praticamente odiato questo viaggio. Come già detto sono stato freddo e umido, misero, nel gelo ma soprattutto nella pioggia, in quasi un mese di viaggio ha piovuto o nevicato ogni giorno da quando ho lasciato Deadhorse in 13 Agosto. La pioggia mi lascia vulnerabile e rendere le mie mani ferite, la pioggia bagna la mia tenda e montarla sotto la pioggia non è divertente, lo stesso rimpacchettare tutto al mattino, iniziare le giornate con i guanti bagnati e le mani doloranti è un problema, è insopportabile. Soffro il freddo, s’impadronisce di me facilmente, non ci mette niente a sopraffarmi, le dita delle mie mani iniziano a far male appena si raffreddano un pochino. Pedalare nella pioggia gelida non fa che ingigantire il problema.

Molte volte ho pensato di rinunciare. Non l’ho fatto per tutto il sostegno che sto ricevendo: dalla mia famiglia e gli amici e le persone che mi seguono sui social media, ma anche da persone sconosciute gentili e accoglienti che mi capita di incontrare sulla strada. Alcuni mi offrono cibo e acqua potabile, altre conforto, un aiuto, un riparo, un tetto, una stanza (mi sono fermato due giorni a Fairbanks, due a Whitehorse e un giorno sulla Dalton per un infortunio al ginocchio.

Forse che i miei problemi fisici con il freddo e con la pioggia siano un problema mentale? Forse devo temprare il mio carattere, devo fare attenzione ai pensieri che ho durante il giorno. Dopo tutto è solo un mese che sono per strada e che fosse una partenza brutale me lo avevano detto tutti, che Agosto (in Alaska equivale all’autunno e l’autunno all’interno del circolo artico può giocare brutti scherzi) era tardi per partire mi era stato fatto presente. Sicuramente devo sforzarmi di gestire la situazione con molta più serenità, farsi abbattere ogni volta che inizia a piovere non mi fa certo bene e la mia mente non è ancora condizionata per lo stress di questo viaggio. Le condizioni sono difficili, trovare un luogo nascosto e adatto dove poter costruire un riparo per la notte, le notti trascorse da solo e francamente spaventato nella mia tenda nel mezzo del nulla in una terra piena di animali potenzialmente pericolosi, hanno il loro peso e ancora non mi sono abituato a tutto questo.

E poi dopo un mese di giornate meste arriva il giorno perfetto. Ed è questo che voglio raccontare per primo, prima di tutto il resto, anche di quello che è successo prima.

Forse questo viaggio segue il teorema di Pareto, la famosa legge del 80/20 ma nel mio caso siamo al 99 di sofferenza e l’1 di gioia, di estasi. Un giorno dove assaporo la strada, mi godo il panorama, la compagnia di cervi, bisonti e anche di un orso nero.

Oggi si è stata una meraviglia. Iniziata male forse, mi sono svegliato in un umidità notevole, un freddo pungente da clima invernale, sacco a pelo coperto di umidità, bagnato, telo della tenda bagnato dentro e fuori, colazione saltata per il troppo freddo (anche la cena avevo saltato perche’ ormai buoi quando avevo finito di mettere la tenda). Ma questa mattina è diversa lo sento, si tratta solo di nebbia, di foschia, sono sicuro che il cielo si aprirà e ne uscirà un sole caldo. E’ così che verso le 11 la bruma lascia spazio ad un cielo terso e un sole brillante, scoppiettante addirittura, che mi riscalda mani, animo e spirito. Visto l’aria festosa decido di rimediare in grande stile alla cena e la colazione saltate fermandomi in uno di questi avamposti che raramente ci sono lungo l’Alaska Highway dove è possibile fare rifornimento di carburante e a volte anche mangiare un boccone caldo, è proprio il mio giorno fortunato perché’ qui una gentile signora mi prepara una bella leccornia con tante tante patate saltate alla piastra – non posso che chiedere un bis. Scrivo pure il mio nome fuori dall’ingresso con un bel pennarello indelebile, io c’ero!

Mi rimetto in strada e dopo qualche ora a pedalare con due gambe di legno decido che è meglio prendersi una pausa e approfittare del sole ancora caldo nel cielo per far asciugare un po’ il sacco a pelo e garantirmi una nottata un po’ più asciutta e salvare le gambe per il pomeriggio.

Riprendendo la strada mi trovo un bisonte che mi corre affianco poco dopo una mandria di bisonti bischeri fa’ zig zag attraversando la strada avanti e indietro – aspetto quasi mezzora che passi un camion così da riprendere a pedalare. Anche un giovane cervo vuole correre con me.

Ma non posso guardarmi in giro troppo e devo impegnarmi per arrivare a Liard Hot Springs sul presto. Non prima di un pit stop fisiologico in un sentiero che entra nella foresta, uscendo nel rimettermi in strada mi accorgo di essere in una zona piene di bacche con un bel orso nero che si sta facendo merenda. Le mie mani sono già alla sirena spray e allo spray al peperoncino antiorso ma non ce n’è bisogno ci guardiamo negli occhi e raggiungiamo velocemente un accordo tra gentiluomini: io non avrei mangiato le sue bacche e lui non avrebbe mangiato me, chiedo il permesso di fare qualche foto e proseguo.

Stancamente, ma col sorriso stampato in fronte, una fronte incorniciata da occhiali da sole, arrivo alla mia meta per la notte dove ci sono delle terme naturali in mezzo alla palude: Liard Hot Springs.

Le terme stanno dentro il campeggio provinciale che è presidiato (al contrario degli altri campeggi provinciali dove sta al campeggiatore pagare il pernottamento imbucando l’apposita busta). Decido di campeggiare all’interno del campeggio anche se mi costa 25$ canadesi mi dicono include l’accesso alle terme. In verità l’accesso al campeggio è presidiato solo fino alle 19 o le 20 quindi in teoria basta andarci dopo quell’orario per non pagare alcunché, nessun presidio per accedere alle terme.

Piazzata la tenda mi fiondo al lodge al di là della strada per vedere se posso lavare i miei vestiti, dopo sei giorni in bici l’abbigliamento tecnico inizia ad avere odori acri. Pagato l’obolo di tre loonies (tre dollari canadesi) riesco a lavare ed asciugare tutti i miei panni da battaglia sporchi. Lascio il bucato asciutto e profumato nella tenda e verso le 22 raggiungo le terme.

Per accedere alle terme bisogna fare un percorso di circa 700 metri su una passerella in mezzo alla palude. Cerco di svestirmi velocemente nello spogliatoio ed al buio mi butto nella piscina naturale. Il calore è quasi insopportabile all’inizio, per molti ma non per un freddoloso come me, mi abituo subito e inizio a esplorare l’ambiente. Il fondo della piscina è di sassolini tondeggianti quindi è piacevole camminarci sopra a piedi nudi. Dalla piscina principale attraverso due cascate l’acqua si riversa in una seconda piscina con acqua leggermente più fredda – per me va benissimo stare in quella più calda. Trovo il modo di piazzarmi a pancia in su sulla cascata tra le due piscine e godermi il cielo stellato quando inizia uno spettacolo grandioso e fenomenale: l’aurora boreale. Incantato e ammaliato da un fenomeno naturale così sublime me ne sto altre due ore dentro la piscina. Un eschimese mi passa una birra fresca. Nel ritornare alla tenda, nella palude va in scena il gran finale con le northern lights che danzano sopra la mia testa con nuovi colori violacei. Per la maggior parte lo spettacolo dell’aurora boreale era di un colore fosforescente tra il giallo e il verde tenue.

Il tepore dell’acqua mi ha rasserenato, l’aurora boreale cullato i miei pensieri e una stella cadente mi ha dato l’occasione di pensare a quello che verrà, esprimere velocemente un desiderio ma adesso cerco di vivere e assaporarmi questo momento con consapevolezza, di gustarmelo appieno, scrollandomi di dosso i dolori che ho provato per arrivare qui e le paure per quello che ancora deve arrivare. Per la prima volta in molto molto tempo sono finalmente sereno, in armonia con me stesso e con ciò che mi circonda, ritemprato, soddisfatto e compiaciuto. Un’estasi tutta mia.

Mi addormento asciutto, caldo, abbronzato, pulito e col profumo del bucato fresco. Una giornata che non dimenticherò mai, un mese di sofferenza è il prezzo che ho dovuto pagare.

Chissà quanti biglietti dovrò pagare in questo lungo viaggio e quanti e quali saranno gli spettacoli. Per adesso questo è sicuramente uno dei giorni più belli e straordinari che abbia mai avuto non posso che essere grato e riconoscente verso tutti quelli che hanno fatto in modo che arrivassi fino a qui. Sono grato con me stesso per non aver mollato. Spero di avere la forza di continuare ma per questa notte non importa, questa è stata una di quelle giornate che vale una vita intera.

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2 Discussion to this post

  1. fabrizia ha detto:

    grandissima avventura SEI UN GRANDE !!!!

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