10000Km

10.000Km sulla Panamericana alle spalle ma la meta resta sempre la stessa e sempre lontana

La miglior definizione di una vera avventura è un viaggio dal quale si potrebbe non tornare indietro vivi – e sicuramente non più la stessa persona. – Yvon Chouinard, Let my people go surfing

Una mattina calda, umida e saliscendi lungo la costa accompagnavano la ripresa del viaggio in bicicletta dopo una notte passata campeggiando sulla spiaggia a Boca de Iguana, Messico. A torso nudo, grondante sudore in un strappo più lungo degli altri ho controllato il mio contachilometri e mi sono accordo di aver passato la soglia dei 10,000 Km percorsi durante questo viaggio con punto di partenza Prudhoe Bay, Alaska e meta finale Ushiaia, Patagonia.

Un numero arbitrario che non significherebbe niente se cambiassimo unità di misura in miglia per dirne una, però 10,000 è sempre una cifra tonda, sono tanti chilometri, sono tanti soprattutto se sono stati fatti in bici, con una bici pesante carica di tutti i miei possedimenti terreni, tutto quello che mi serve per vivere: vestiti, attrezzi, cibo, acqua.

Ufficialmente sono ancora in Nord America: dopo aver attraversato gli Stati Uniti e il Canada partendo dall’oceano artico adesso mi trovo ancora in Messico. Devo ancora percorrere il Centro America e il lunghissimo continente sudamericano.

Sinceramente non se arriverò mai ad Ushuaia, tutto può succedere, però anche “solo” dopo i primi 10,000 chilometri, dopo i primi cinque mesi (che poi sarebbero quattro non contando il mese di riposo a San Francisco) di vita sulla strada penso proprio che questo viaggio abbia già lasciato il segno.

Ho visto luoghi fantastici, esperienze aspre ma anche meravigliose; giorni duri, miserabili altri sublimi. Animali e flora da documentario, in generale una biodiversità che in Italia, Irlanda o Europa non esiste. Dal freddo dell’Alaska all’autunno pungente e piovoso del Canada, dalla pioggia che ha accolto la mia entrata in California al clima secco del deserto della Bassa California. Dall’incontro faccia a caccia con un grizzly sulla Dalton Highway all’incontro con un coccodrillo in Messico (fortunatamente questo più lontano del grizzly).

Tutto stupefacente ma non saprei dire con esattezza quando, dove o come questo viaggio ha iniziato a cambiarmi. E forse è ancora troppo presto per verbalizzare esattamente in che modo mi ha cambiato. All’inizio sono state molte le lacrime versate, è stata dura; ora mi godo il clima tropicale, spiagge di sabbia fine, acque calde e tramonti esotici. Arriveranno altri momenti difficili, un viaggio in bici è la metafora della vita non ci si può aspettare di essere felici sempre e comunque ma bisogna saper godere del giro che si sta facendo, stringere i denti in salita e assaporare le discese.

In verità non so neppure esattamente quale fosse la motivazione che mi ha spinto ad arrivare nelle terre selvagge dell’Alaska con la mia bici (Isabella) e il mio fagotto con tutto quello che mi serviva per vivere per i successivi 15/18 mesi. Quello che posso dire è che avevo sete di avventura, di mettermi alla prova, di vedere posti affascinanti, di vivere all’aria aperta, di sentirmi vivo, di fare qualcosa che mi appassionasse. Di testare i miei limiti, capire chi sono e cosa voglio davvero. Di rompere con gli schemi imposti dalla società, dal sistema educativo, dalla religione e dalla famiglia.

Volevo fare un lungo viaggio in bici, volevo percorrere la strada più lunga al mondo: la Panamericana. Avrei potuto iniziare facendo un piccolo bike tour in Europa di un paio di settimane ma non era quello che volevo, non volevo mezze misure, non volevo giocare sicuro. Sono arrivato in Alaska senza esperienza di bike touring, senza mai aver campeggiato, praticamente senza aver mai montato una tenda. Per molti un gesto incosciente, per me è stato parte dell’avventura. Il freddo è stato il nemico più difficile con cui duellare ed è ancora il nemico che più temo. Però mi sento vivo, mi sento forte, ce la posso fare anche se la meta è ancora lunga.

Il mio corpo è molto più resiliente di quanto sia mai stato. Mi sveglio poco prima dell’alba e mi corico poco dopo il tramonto seguendo il ritmo naturale delle giornate.

Faccio una vita semplice, cerco di vivere con un budget di 5$ al giorno il che significa spendere circa 2/3$ al giorno per avere la possibilità di spendere qualcosa in più nei giorni di riposo. Poi finisco per spendere una fortuna in equipaggiamento, attrezzatura e ricambi della bici ma questa è un’altra storia.

L’atro nemico con cui combatto continuamente è la paura. All’inizio avevo paura degli orsi (a ragion veduta diremmo poi), degli alci, dei lupi, dell’arrivo dell’inverno. Poi piano piano le paure sono diventate altre come attraversare zone considerate “pericolose” e una nuova ondata di animali letali: scorpioni mortali, serpenti, coccodrilli, zanzare portatrici di varie infezioni tropicali. A volte ho paura di essere derubato, che mi rubino la bici mentre entro in qualche negozio a comprare qualcosa. Il secondo giorno del mio viaggio ho campeggiato a Happy Valley, lungo la Dalton Highway e qui ho conosciuto un boscaiolo in pensione dell’Oregon che mi raccontava della sua esperienza in Vietnam. A un certo punto gli ho chiesto cos’è la cosa che ha imparato o l’esperienza più significativa che aveva riportato dalla guerra e dalle battaglie a cui aveva partecipato. Halvin non ci ha pensato molto e prontamente ha risposto: “Il Vietnam mi ha insegnato che la paura di fare qualcosa è più grande che farla.” A volte quando mi sento timoroso e tentenno o sono nella mia tenda e non so esattamente cose succede fuori mi ritorna in mente la faccia bonaria di Halvin e le sue semplici ma sagge parole e mi rassereno pensando che quello che deve succedere succeda io devo semplicemente fare quello che devo fare. A volte tutto quello che serve è fare davvero il primo passo.

Non mi sento un eroe e nemmeno un esempio da seguire ma allo stesso tempo mi piacerebbe poter ispirare anche altri a fare ciò che davvero vogliono per una volta, qualsiasi sia l’avventura che hanno in mente. Se uno come me, senza grandi disponibilità, senza allenamento o capacità particolari riesce a intraprendere un’avventura del genere penso che chiunque possa farlo, spero che le mie foto e i miei articoli riescano ad ispirare almeno una persona a seguire i propri sogni.

Decidete adesso quale sia l’avventura che desiderate fare, datevi una data di scadenza e prendete un impegno con voi stessi e andate avanti soprattutto quando le persone accanto a voi vi diranno che è meglio lasciar perdere. Vi posso assicurare che hanno torto.

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