The long way round

La lunga via di ritorno

Remember me my love, I’m the one you’re dreaming of
Going for a ride, I’ll keep you warm inside
I’m gonna roll up the sidewalk, I’m gonna tear up the ground
Comin’ round to meet you, The long way round
Sooner or later, I’ll get me off this track
Gotta do what it is that I do and then I’m – coming back
Got sun in my face, sleeping rough on the road
I’ll tell you all about it, when I get home
Gonna roll up the sidewalk, I’m gonna tear up the ground
Comin’ round to meet you, The long way round
– Long Way Round by Stereophonics

Tanto tempo fa una persona mi ha mandato il testo di questa canzone. In verità non ho mai capito il significato di quel gesto.

Da quando ho lasciato la Patagonia, e ormai sono un bel po’ di mesi, non mi sento apposto. Mi sento svuotato, senza energie. Davo la colpa allo stress di cambio continente, di organizzare la mia attrezzatura nuovamente (dopo aver venduto la bici per pagare il biglietto aereo) di ambientarmi in un nuovo territorio con costumi e cultura diversa, lingua diversa e animali diversi.

Passando il confine tra Sud Africa e Namibia mi stavo convincendo che le energie stavano ritornando, l’abbrivio e lo slancio necessari per continuare ad attraversare il continente africano stavano affiorando.

Subito è iniziata una serie di magagne fortuite che ha portato a danneggiare diverse parti della mia attrezzatura (fra le altre cose tenda, ornelletto, sacche stagne, anythingcage etc) con le magagne sono arrivati anche un vento freddo fortissimo, tempeste di sabbia, notti in cui la tenda si riempiva di sabbia, sacco a pelo, sacco lenzuolo, viso: tutto coperto di sabbia! E poi giornate di pioggia, ebbene sì ho portato la pioggia anche nel deserto del Namib.

Ho iniziato a sentire il peso di tre anni sulla strada, mancano 14 giorni alle tre candeline. Tre anni vissuti intensamente ma anche tre anni di sfide, tre anni passati cercando il modo migliore di sopravvivere, dove passare la notte, dove trovare l’acqua e il cibo ogni giorno, dove minimizzare qualsiasi rischio.

La persona di cui ero innamorato si è allontanata e poi ho perso una persona cara.

Tutt’a un tratto il peso dell’avventura si è fatto schiacciante. Ho iniziato a riflettere se il costo di questa spedizione non sia più grande di quello che sono disposto a spendere.
Sono già tre anni di vagabondaggio e me ne aspettano almeno altrettanti per completare il giro del mondo.

Qual è il costo? Il costo è essere sempre lontano dagli affetti, dagli amici, dalla famiglia, di mettere in pausa la mia vita per sei/sette anni, di essere costantemente sotto lo stress di sopravvivere soddisfando ogni giorno esigenze primarie che la maggior parte delle persone vive dandole per scontate: acqua, cibo, tenersi al caldo e asciutti, trovare una sistemazione sicura dove passare la notte.

Essendo focalizzato costantemente su questi bisogni primari sono diventato molto egoista, mettendo il mio progetto sempre al centro di tutto e di tutti. Non ho lasciato spazio per altro. Sono diventato egoista ed egocentrico.
Non sono stato in grado nemmeno di dare attenzione, apprezzamento e supporto alla persona che amavo nemmeno quando stava passando una situazione difficile. Normale e naturale che si sia allontanata.

Ho speso più tempo su instagram che parlando con i miei cari, con la mia famiglia o i miei amici.

Mettendo insieme tutto quello che mi è capitato nelle ultime settimane, con l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso (la rottura della forcella della bici dovuta a un piccolo incidente nel deserto) ho dovuto considerare fermare il viaggio almeno per qualche tempo e ritornare a casa per ricaricare le batterie, stare un po’ con la mia famiglia magari andare al mare dai miei amici venezuelani in Abruzzo che è quello che ho sempre fatto d’estate (che poi qui nell’emisfero australe è inverno). Questo mi è stato anche suggerito da diverse persone e sembrerebbe essere una scelta saggia.

È un’idea che ho deciso di accantonare, non è il momento per prendere decisioni importanti e fare grandi cambiamenti sull’onda emotiva perché sarebbero decisioni motivate dalla tristezza e dalla voglia di scappare. E poi rimuginare troppo sugli errori del passato riempirebbe la mente solo di rimpianti e depressione. Si dice che una persona non è definita dagli errori che ha commesso ma da come si riprende dai propri errori.

Certo bisogna che mi prenda un po’ di tempo per riflettere su tutto quello che sta accadendo e su come gestisco i miei stati d’animo. Come poter essere grato per quello che è successo e come tutto ciò possa aiutarmi ad essere una persona migliore. Un figlio migliore, un fratello migliore, un amico migliore un compagno migliore, un uomo migliore. Un avventuriero migliore.

Escludo quindi di tornare a casa anche solo temporaneamente adesso, magari una pausa invece se trovassi qualche progetto interessante tipo workaway qui in Namibia o magari un po’ più su’, dove potrei fermarmi per qualche settimana o mese. Sarebbe essere una buona opportunità per ricaricare le batterie e lavorare su diversi progetti creativi come scrivere, creare contenuti foto/video che quando si è per strada è sempre difficile gestire.

Se riusciamo a vedere chiaramente una meta da raggiungere, che sentiamo nel cuore, allora è meglio perseguirla, semplicemente farla, just do it. Questo viaggio è ancora quello che ho nel mio cuore e nel cammino s’impara e si deve imparare anche a lasciare andare libere le emozioni, i sentimenti, le persone.

Un amico mi ha fatto notare che ho avuto molta più avventura e interazione con persone di ogni ceto sociale del 99,99% della popolazione mondiale e che è normale che ci sia un prezzo da pagare.
La vita è troppo corta per vivere di rimpianti, di paure e di dolori. Non si molla niente, vado avanti cercando di non diventare insensibile ed egoista ma aprendo il mio cuore ancora di più.

Per qualche ragione mi è tornata alla mente quella canzone degli Stereophonics, un testo che dedico a tutti i miei cari ma voglio rassicurare tutti quelli che mi vogliono bene che mi rivedrete sicuramente, prima o poi io ritorno davvero. Per adesso, per ancora un altro poco, la mia vita rimane la strada.

La lunga via di ritorno.

 

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4 Discussion to this post

  1. Valeria ha detto:

    Ma essere forti e tenaci vuol davvero dire non abbandonare mai? A volte queste mi sembrano banalità, frasi fatte. Che certo possono avere del vero. Ma. Si parte per mille motivi o nessuno, in fondo al netto di un prezzo relativamente alto da pagare, è una scelta, non un’imposizione o un dovere morale e facendo i conti la vita quotidiana, quella di tutti noi, con poca avventura e parecchia fatica senza panorami sconfinati, pesa ben di più. Ci chiede di più. O meglio, ci chiede altro. Di esserci, di sobbarcarci responsabilità e oneri. E onori … pochi. Conosco la fascinazione della strada, la sensazione della libertà sulla pelle e nelle viscere. La solitudine che accompagna la bellezza. Che è molto più accettabile di quella che ti accompagna in un quotidiano fatto di mancanze. Ma questa sono io. Certe scelte estreme sono un privilegio e sono consapevoli, non fanno di chi le compie una persona migliore. Non necessariamente. Certo dovrebbe essere il senso. La strada per fare di me una persona migliore nella vita di tutti i giorni. Con le persone che chiedono di me. Con quelle che incontri sulla via in fondo è facile. In una vita che da anni è fatta di un peregrinare credo siano fisiologici momenti di debolezza, dubbio, riflessione. Rivisitazione di sè. Li vedo come una fragilità da assumere su di sè, da ascoltare come forza. Come spirito salvifico. Da cosa? Dall’autoreferenzialità, dall’egocentrismo del viaggiatore puro e indefesso con chissà quale missione che trascura tutto il resto in nome del suo progetto. Certo la giusta misura, l’equilibrio è spesso difficile da trovare. E non sono uguali per tutti. Però. Però questo scritto ha piccole isole di verità personale che il tempo lungo dell’andare hanno portato in superficie. Il mio augurio è di non smettere di abitarle. Valeria

    • Davide Travelli ha detto:

      Grazie per aver condiviso il tuo pensiero Valeria. Essere forti e tenaci non vuol dire abbandonare mai. Forse significa saper abbandonare al momento giusto e come ho scritto ho deciso non prendere una decisione comunque importante sull’onda emotiva. A bocce ferme la scelta sara’ piu’ consapevole e motivata da ragioni piu’ profonde. Magari sara’ fra qualche mese magari quando arrivero’ al Cairo. E’ difficile non condividere le tue opinioni che sono un ulteriore stimolo di riflessione.

  2. fabio ha detto:

    Davide sento che in quello che fai ci metti tutto te stesso, anima, cuore e tanti sacrifici, fare quello che fai non e da tutti, ci vuole tanta energia e coraggio e un pizzico di pazzia…
    Vai avanti cosi…Sei grande…

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